Il metodo galileiano


I due brani proposti, tratti da Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze intendono offrire un esempio di come Galileo procede nell'indagine sui fenomeni naturali.

L'argomento è quello notissimo della caduta dei gravi:


1. Dimostrazioni necessarie

Simpl. Aristotile, per quanto mi sovviene, insurge contro alcuni antichi, i quali introducevano il vacuo (*)il vuoto come necessario per il moto, dicendo che questo senza quello non si potrebbe fare (*)se non ci fosse il vuoto,
non potrebbe esistere il moto
.
A questo contrapponendosi Aristotele, dimostra che, all'opposito, il farsi (come veggiamo) il moto distrugge la posizione del vacuo (*)al contrario, come si vede, l'esistenza del moto rende impossibile ammettere l'esistenza del vuoto e 'l suo progresso è tale (*)il suo ragionamento è il seguente.
Fa due supposizioni:

Quanto al primo, suppone che mobili diversi in gravità si muovano nell'istesso mezzo con diseguali velocità, le quali mantengano tra di loro la medesima proporzione che le gravità (*)le velocità di caduta dei corpi nello stesso mezzo sono diverse e direttamente proporzionale al loro peso; sì che, per esempio, un mobile dieci volte più grave di un altro si muova dieci volte più velocemente.
Nell'altra posizione piglia che le velocità del medesimo mobile in diversi mezzi ritengano tra di loro la proporzione contraria di quella che hanno le grossezze o densità di essi mezzi (*)ammette che le velocità dello stesso peso in mezzi diversi sono inversamente proporzionali alle densità degli altri mezzi; talmente che, posto, verbigrazia, che la crassizie (*)la densità dell'acqua fusse dieci volte maggiore di quella dell'aria, vuole che la velocità nell'aria sia dieci volte più che la velocità nell'acqua.
E da questo secondo supposto trae la dimostrazione in cotal forma: Perché la tenuità del vacuo supera d'infinito intervallo la corpulenza, ben che sottilissima, di qualsivoglia mezzo pieno (*)Dato che la densità del vuoto è nulla rispetto a quella di un altro mezzo, per quanto rarefatto,, ogni mobile che nel mezzo pieno si movesse per qualche spazio in qualche tempo, nel vacuo dovrebbe muoversi in uno instante (*)ogni peso che impiegasse un certo tempo a percorrere in certo spazio, nel vuoto dovrebbe muoversi istantaneamente; ma farsi moto in uno instante è impossibile; adunque darsi il vacuo in grazia del moto è impossibile (*)ma il moto istantaneo è impossibile; dunque non è possibile giustificare l'esistenza del vuoto con l'esistenza del moto.

Sal. L'argomento si vede che è ad hominem cioè contro a quelli che volevano il vacuo come necessario per il moto: (*)Il ragionamento di Aristotele vale solo contro quelli che amettevano il vuoto come necessario per spiegare il moto che se io concederò l'argomento come concludente, concedendo insieme che nel vacuo non si farebbe il moto, la posizion del vacuo, assolutamente presa e non in relazione al moto, non vien destrutta. (*)ma anche se io riconoscessi la sua validità, ammettendo che nel vuoto non può esistere il moto, l'esistenza del vuoto in assoluto, prescindendo dal moto, non sarebbe confutata.
Ma per dire quel che per avventura potrebber rispondere quegli antichi, acciò meglio si scorga quanto concluda la dimostrazione d'Aristotele, (*)Ma provando ad immaginare quello che gli antichi avrebbero potuto obiettare ad Aristotele per capire meglio se la sua dimostrazione è convincente mi par che si potrebbe andar contro a gli assunti di quello, negandogli amendue. (*)mi sembra che si potrebbero negare entrambe le sue premesse
E quanto al primo, io grandemente dubito che Aristotele non sperimentasse mai quanto sia vero che due pietre, una più grave dell'altra dieci volte, lasciate nel medesimo instante cader da un'altezza, verbigrazia(*)per esempio, di cento braccia (*)circa 60 m., fusser talmente differenti nelle lor velocità, che all'arrivo della maggior in terra, l'altra si trovasse non avere ne anco sceso dieci braccia.

Simpl. Si vede pure dalle sue parole ch'ei mostra d'averlo sperimentato, perché ei dice: Veggiamo il più grave; or quel vedersi accenna l'averne fatta l'esperienza.

Sagr. Ma io, signor Simplicio, che n'ho fatto la prova, vi assicuro che una palla d'artiglieria, che pesi cento, dugento e anco più libbre, non anticiperà di un palmo solamente l'arrivo in terra della palla d'un moschetto, che ne pesi una mezza, venendo anco dal l'altezza di dugento braccia.

Sal. Ma, senz'altre esperienze, con breve e concludente dimostrazione possiamo chiaramente provare, non esser vero che un mobile più grave si muova più velocemente d'un altro men grave, intendendo di mobili dell'istessa materia, ed in somma di quelli de i quali parla Aristotele. Però ditemi, signor Simplicio, se voi ammettete che di ciascheduno corpo grave cadente sia una da natura determinata velocità (*)ogni peso cade con una velocità naturalmente predeterminata, sì che accrescergliela o diminuirgliela non si possa se non con usargli violenza o opporgli qualche impedimento.

Simpl. Non si può dubitare che l'istesso mobile nell'istesso mezzo abbia una statuita e da natura determinata velocità, la quale non se gli possa accrescere se non con nuovo impeto conferitegli, o diminuirgliela salvo che con qualche impedimento che lo ritardi.

Sal. Quando dunque noi avessimo due mobili, le naturali velocità de i quali fussero ineguali, è manifesto che se noi congiugnessimo il più tardo col più veloce, questo dal più tardo sarebbe in parte ritardato, ed il tardo in parte velocitato dall'altro più veloce. Non concorrete voi meco in quest'opinione?

Simpl. Parmi che così debba indubitabilmente seguire.

Sal. Ma se questo è, ed è insieme vero che una pietra grande si muova, per esempio, con otto gradi di velocità, ed una minore con quattro, adunque, congiugnendole amendue insieme, il composto di loro si moverà con velocità minore di otto gradi: ma le due pietre, congiunte insieme, fanno una pietra maggiore che quella prima, che si moveva con otto gradi di velocità: adunque questo composto (che pure è maggiore che quella prima sola) si muverà più tardamente che la prima sola, che è minore; che è contro alla vostra supposizione.
Vedete dunque come dal suppor che 'l mobile più grave si muova più velocemente del men grave, io vi concludo, il più grave muoversi men velocemente.

Simpl. Io mi trovo avviluppato (*)imbarazzato, perché mi par pure che la pietra minore aggiunta alla maggiore le aggiunga peso, e, aggiugnendole peso, non so come non debba aggiugnerle velocità, o almeno non diminuirgliela.

Sal. Qui commettete un altro errore, signor Simplicio, perché non è vero che quella minor pietra accresca peso alla maggiore.

Simpl. Oh, questo passa bene ogni mio concetto(*)proprio non riesco a capirlo.

Sal. Non lo passerà altrimente, fatto ch'io v'abbia accorto dell'equivoco nel quale voi andate fluttuando: però avvertite che bisogna distinguere i gravi posti in moto da i medesimi costituiti in quiete (*)i pesi che cadono dai pesi fermi. Una gran pietra messa nella bilancia non solamente acquista peso maggiore col soprapporgli un'altra pietra, ma anco la giunta di un pennecchio di stoppa la farà pesar più quelle sei o dieci once che peserà la stoppa; ma se voi lascerete liberamente cader da un'altezza la pietra legata con la stoppa, credete voi che nel moto la stoppa graviti sopra la pietra, onde gli debba accelerar il suo moto, o pur credete che ella la ritarderà, sostenendola in parte? Sentiamo gravitarci su le spalle mentre vogliamo opporci al moto che farebbe quel peso che ci sta addosso; ma se noi scendessimo con quella velocità che quel tal grave naturalmente scenderebbe, in che modo volete che ci prema e graviti sopra? Non vedete che questo sarebbe un voler ferir con la lancia colui che vi corre innanzi con tanta velocità, con quanta o con maggiore di quella con la quale voi lo seguite?
Concludete pertanto che nella libera e naturale caduta la minor pietra non gravita sopra la maggiore, ed in consequenza non le accresce peso, come fa nella quiete.

Simpl. Ma chi posasse la maggior sopra la minore?

Sal. Le accrescerebbe peso, quando il suo moto fusse più veloce: ma già si è concluso che quando la minore fusse più tarda, ritarderebbe in parte la velocità della maggiore, tal che il lor composto si moverebbe men veloce, essendo maggiore dell'altra; che è contro al vostro assunto. Concludiamo per ciò, che i mobili grandi e i piccoli ancora, essendo della medesima gravità in spezie, si muovono con pari velocità.

Simpl. Il vostro discorso procede benissimo veramente: tuttavia mi par duro a credere che una lagrima di piombo si abbia a muover così veloce come una palla d'artiglieria.

Sal. Voi dovevi dire, un grano di rena(*)un granello di sabbia come una macina da guado(*)macina di mulino per macinare il guado (erba usata per produrre tinture per stoffe). Io non vorrei, signor Simplicio, che voi faceste come molt'altri fanno, che, divertendo(*)deviando il discorso dal principale intento, vi attaccaste a un mio detto che mancasse dal vero quant'è un capello, e che sotto questo capello voleste nasconder un difetto d'un altro, grande quant'una gomona da nave.
Aristotele dice: "Una palla di ferro di cento libbre, cadendo dall'altezza di cento braccia, arriva in terra prima che una di una libbra sia scesa un sol braccio"; io dico ch'ell'arrivano nell'istesso tempo; voi trovate, nel farne l'esperienza, che la maggiore anticipa due dita la minore, cioè che quando la grande percuote in terra, l'altra ne è lontana due dita: ora vorreste dopo queste due dita appiattare le novantanove braccia di Aristotele, e parlando solo del mio minimo errore, metter sotto silenzio l'altro massimo.

[. . .]

Sal. Le cose da me sin qui prodotte, ed in particolare questa, che la differenza di gravità(*)peso, ben che grandissima, non abbia parte veruna nel diversificare le velocità de i mobili, sì, che, per quanto da quella depende, tutti si moverebbero con egual celerità, è tanto nuova e, nella prima apprensione, remota dal verisimile, che quando non si avesse modo di dilucidarla e renderla più chiara che 'l Sole, meglio sarebbe il tacerla che 'l pronunziarla: però, già che me la sono lasciata scappar di bocca, convien ch'io non lasci indietro esperienza o ragione che possa corroborarla.

Sagr. Non questa sola, ma molte altre insieme delle vostre proposizioni son così remote dalle opinioni e dottrine communemente ricevute, che spargendosi in publico vi conciterebber numero grande di contradittori, essendo che l'innata condizione de gli uomini non vede con buon occhio che altri nel loro esercizio scuopra verità o falsità non scoperte da loro; e col dar titolo di innovatori di dottrine, poco grato a gli orecchi di molti, s'ingegnano di tagliar quei nodi che non possono sciorre(*)sciogliere, e con mine(*)gallerie piene di esplosivi sotterranee dissipar quelli edifizii che sono stati, con gli strumenti consueti, da pazienti artefici costrutti. Ma con esso noi, lontani da simili pretensioni, l'esperienze e le ragioni sin qui addotte bastano a quietarci: tuttavia, quando abbiate altre più palpabili esperienze e ragioni più efficaci, le sentiremo molto volentieri.

Sal. L'esperienza fatta con due mobili quanto più si possa differenti di peso, col fargli scendere da un'altezza per osservar se la velocità loro sia eguale, patisce qualche difficoltà(*)presenta qualche complicazione: imperò che se l'altezza sarà grande, il mezzo, che dall'impeto del cadente deve esser aperto e lateralmente spinto (*)l'aria in cui il peso si immerge e che deve essere spostata di lato, di molto maggior pregiudizio sarà al piccol momento del mobile leggierissimo che alla violenza del gravissimo, per lo che per lungo spazio il leggiero rimarrà in dietro; e nell'altezza piccola si potrebbe dubitare se veramente non vi fusse differenza, o pur se ve ne fusse, ma inosservabile.
E però sono andato pensando di reiterar tante volte la scesa da piccole altezze, ed accumulare insieme tante di quelle minime differenze di tempo, che potessero intercedere(*)intercorrere tra l'arrivo al termine del grave e l'arrivo del leggiero, che così congiunte facessero un tempo non solo osservabile, ma grandemente osservabile.
In oltre, per potermi prevaler di moti quanto si possa tardi(*)giovare di movimenti il più possibile lenti, ne i quali manco lavora la resistenza del mezzo in alterar l'effetto che depende dalla semplice gravità, sono andato pensando di fare scendere i mobili sopra un piano declive(*)inclinato, non molto elevato sopra l'orizontale; che sopra questo, non meno che nel perpendicolo, potrà scorgersi quello che facciano i gravi differenti di peso: e passando più avanti, ho anco voluto liberarmi da qualche impedimento che potesse nascer dal contatto di essi mobili su 'l detto piano declive (*)l'attrito dovuto al contatto dei pesi con il piano inclinato: e finalmente ho preso due palle, una di piombo ed una di sughero, quella ben più di cento volte più grave di questa, e ciascheduna di loro ho attaccata a due sottili spaghetti eguali, lunghi quattro o cinque braccia, legati ad alto (*)ho costrito due pendoli, uno con una pallina di piombo, l'altro con una pallina di sughero; allontanata poi l'una e l'altra palla dallo stato perpendicolare, gli ho dato l'andare nell'istesso momento, ed esse, scendendo per le circonferenze de' cerchi descritti da gli spaghi eguali, lor semidiametri, passate oltre al perpendicolo, son poi per le medesime strade ritornate indietro; e reiterando ben cento volte per lor medesime le andate e le tornate, hanno sensatamente mostrato, come la grave va talmente sotto il tempo della leggiera, che ne in ben cento vibrazioni(*)oscillazioni, ne in mille, anticipa il tempo d'un minimo momento, ma camminano con passo egualissimo(*)si muovo nello stesso identico modo.
Scorgesi anco l'operazione del mezzo, il quale, arrecando qualche impedimento al moto, assai più diminuisce le vibrazioni del sughero che quelle del piombo, ma non però che le renda più o men frequenti; anzi quando gli archi passati dal sughero non fusser più che di cinque o sei gradi, e quei del piombo di cinquanta o sessanta, son eglin passati sotto i medesimi tempi(*) il periodo di oscillazione è indipendente dalla sua ampiezza.

Simpl. Se questo è, come dunque non sarà la velocità del piombo maggiore della velocità del sughero, facendo quello sessanta gradi di viaggio nel tempo che questo ne passa appena sei?

Sal. Ma che direste, signor Simplicio, quando amendue spedissero nell'istesso tempo i lor viaggi, mentre il sughero, allontanato dal perpendicolo trenta gradi, avesse a passar l'arco di sessanta, e 'l piombo, slargato dal medesimo punto di mezzo due soli gradi, scorresse l'arco di quattro? non sarebbe allora altrettanto più veloce il sughero? e pur l'esperienza mostra ciò avvenire.
Però notate: slargato il pendolo del piombo, verbigrazia, cinquanta gradi dal perpendicolo e di lì lasciato in libertà, scorre, e passando oltre al perpendicolo quasi altri cinquanta, descrive l'arco di quasi cento gradi, e ritornando per se stesso indietro, descrive un altro poco minore arco, e continuando le sue vibrazioni, dopo gran numero di quelle si riduce finalmente alla quiete.
Ciascheduna di tali vibrazioni si fa sotto tempi eguali, tanto quella di novanta gradi, quanto quella di cinquanta, di venti, di dieci e di quattro; sì che, in conseguenza, la velocità del mobile vien sempre languendo, poiché sotto tempi eguali va passando successivamente archi sempre minori e minori.
Un simile, anzi l'istesso, effetto fa il sughero pendente da un filo altrettanto lungo, salvo che in minor numero di vibrazioni si conduce alla quiete, come meno atto, mediante la sua leggerezza, a superar l'ostacolo dell'aria: con tutto ciò tutte le vibrazioni, grandi e piccole, si fanno sotto tempi eguali tra di loro, ed eguali ancora a i tempi delle vibrazioni del piombo.
Onde è vero che, se mentre il piombo passa un arco di cinquanta gradi, il sughero ne passa uno di dieci, il sughero allora è più tardo del piombo; ma accaderà ancora, all'incontro, che il sughero passi l'arco di cinquanta, quando il piombo passi quel di dieci o di sei: e così, in diversi tempi, or sarà più veloce il piombo ed ora il sughero.
Ma se gli stessi mobili passeranno ancora, sotto i medesimi tempi eguali, archi eguali, ben sicuramente si potrà dire allora essere le velocità loro eguali.

Simpl. Mi pare e non mi pare che questo discorso sia concludente, e mi sento nella mente una tal qual confusione, che mi nasce dal muoversi, e l'uno e l'altro mobile, or veloce or tardo ed or tardissimo, che non mi lascia ridurre in chiaro come vero sia che le velocità loro sian sempre eguali.


2. Sensate esperienze.

(Galileo scopre sperimentalmente l'equazione oraria del moto rettilineo naturalmente accelerato)

In un regolo, o vogliàn dir corrente, di legno, lungo circa 12 braccia, e largo per un verso mezo braccio e per l'altro 3 dita, si era in questa minor larghezza incavato un canaletto, poco più largo d'un dito; tiratolo drittissimo, e, per averlo ben pulito e liscio, incollatovi dentro una carta pecora zannata e lustrata al possibile, si faceva in esso scendere una palla di bronzo durissimo, ben rotondata e pulita; costituito che si era il detto regolo pendente, elevando sopra il piano orizontale una delle sue estremità un braccio o due ad arbitrio, si lasciava (come dico) scendere per il detto canale la palla, notando, nel modo che appresso dirò, il tempo che consumava nello scorrerlo tutto, replicando il medesimo atto molte volte per assicurarsi bene della quantità del tempo, nel quale non si trovava mai differenza ne anco della decima parte d'una battuta di polso.

Fatta e stabilita precisamente tale operazione, facemmo scender la medesima palla solamente per la quarta parte della lunghezza di esso canale; e misurato il tempo della sua scesa, si trovava sempre puntualissimamente esser la metà dell'altro: e facendo poi l'esperienze di altre parti, esaminando ora il tempo di tutta la lunghezza col tempo della metà, o con quello delli duo terzi o dei 3/4 o in conclusione con qualunque altra divisione, per esperienze ben cento volte replicate sempre s'incontrava, gli spazii passati esser tra di loro come i quadrati de i tempi (*)gli spazi sono direttamente proporzionali ai quadrati dei tempi, e questo in tutte le inclinazioni del piano, cioè del canale nel quale si faceva scender la palla; dove osservammo ancora, i tempi delle scese per diverse inclinazioni mantener esquisitamente tra di loro quella proporzione che più a basso troveremo essergli assegnata e dimostrata dall'Autore.

Quanto poi alla misura del tempo, si teneva una gran secchia piena d'acqua, attaccata in alto, la quale per un sottil cannellino, saldategli nel fondo, versava un sottil filo d'acqua, che s'andava ricevendo con un piccol bicchiere per tutto 'l tempo che la palla scendeva nel canale e nelle sue parti: le particelle poi dell'acqua, in tal guisa raccolte, s'andavano di volta in volta con esattissima bilancia pesando, dandoci le differenze e proporzioni de i pesi loro le differenze e proporzioni de i tempi; e questo con tal giustezza, che, come ho detto, tali operazioni, molte e molte volte replicate, già mai non differivano d'un notabil momento.


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