Gli agiotoponimi sono i nomi di luogo derivati da nomi o appellativi di personaggi ritenuti degni di culto religioso da parte dei fondatori o dei successivi abitatori.
Ovviamente nel loro aspetto attuale essi sono successivi all'editto di Tessalonica (380 d.C) che impose l'adozione della religione cristiana ai sudditi dell'Impero Romano. Furono tuttavia necessari secoli perché questa religione, adottata all'inizio prevalentemente dalle èlites cittadine dalle quali provenivano vescovi e clero urbano che spesso svolgevano funzioni governative, amministrative e talora anche militari, si diffondesse anche nelle campagne tanto che il sostantivo pagano, cioè campagnolo, oggi significa non cristiano.
La lenta cristianizzazione delle campagne vide spesso sopravvivere accanto al culto ufficiale, talora in forme segrete e inquisiti e combattuti come diabolici dal clero cristiano, divinità, feste e riti precristiani. Più spesso queste divinità e questi riti furono più o meno coscientemente aggiornati a denominazioni e forme superficialmente cristiane ma immutati nella loro sostanza.
Ad esempio, è noto che l'attuale festa di Natale è la cristianizzazione di precedenti feste del solstizio d'inverno.
Antichi riti di fertilità connessi al culto della potenza generatrice della Gran Madre Terra, personificata nell'antichità da varie divinità femminili
(denominate a seconda dei tempi e dei luoghi Astarte, Semele, Cibele, Demetra, Afrodite, Artemide, Cerere, Venere, Iside, Brigid, Frigg, Freya,...),
sono stati metabolizzati in varie forme di culto mariano.
Per esempio, è ubiquitaria nel mondo cattolico la presenza di santuari mariani, spesso isolati nei boschi, eretti a ricordo di apparizioni della Madonna su alberi o in grotte a pastorelli e pastorelle.
Probabilmente questi luoghi erano già sede di culti contadini che attribuivano una sacralità femminile al luogo stesso.
In molti casi i santi venerati sono di molto dubbia documentazione storica tanto che la Chiesa Cattolica ne ha declassato il culto da universale a locale come nel caso di San Giorgio o San Gennaro. La persistenza della devozione popolare fa congetturare che il loro culto abbia profonde radici risalenti ad epoche precristiane. Ad esempio, nel Medioevo furono popolari santi di cui l'iconografia esaltava l'aspetto guerriero come San Michele o San Giorgio il cui culto probabilmente si sostituì a quello di precedenti divinità guerriere come Ercole, Marte, Odino.
In una popolazione pressoché completamente analfabeta la popolarità del culto di un santo era affidata soprattutto all'iconografia nella quale, per rendere facilmente riconoscibile l'identità di un santo o di una santa, il cui viso era inevitabilmente rappresentato in modo convenzionale, si accompagnava la figura umana con la rappresentazione di un oggetto strettamente correlato alla vita vera o presunta della persona venerata e che a tutti gli effetti ne dichiarava il nome. Così i santi martiri erano rappresentati con un ramo di palma, simbolo del martirio, e con lo strumento del loro martirio. Ad esempio San Lorenzo con la graticola, Santa Caterina di Alessandria con la ruota dentata, San Sebastiano trafitto da frecce, Santa Lucia con gli occhi su un piattino. Altri santi erano accompagnati da segnali più simbolici, come, ad esempio, San Marco da un leone, Sant'Antonio da un porcello, San Rocco dalla conchiglia a pettine.
Il culto di alcuni santi santi fu molto popolare perché ad ognuno di essi si attribuiva una particolare specializzazione nella protezione di specifici aspetti della vita e delle attività umane. Ad esempio, Santa Lucia era la protettrice della vista. Santa Pupa o Poppa era invocata a Roma come protettrice dei bambini. Purtroppo sembra non sia mai esistita né la Chiesa Cattolica l'ha mai annoverata tra i suoi santi. Sant'Antonio, fu venerato e invocato come curatore dell'herpes (fuoco di Sant'Antonio) e anche, per via del porcello con cui spesso era rappresentato, come protettore degli animali.
Sant'Antonio come toponimo si riferisce quasi esclusivamente a Sant'Antonio Abate e non a Sant'Antonio da Padova che in effetti era portoghese, detto da Padova perché in
quella città si conserva, esposta ai fedeli in una teca, la sua lingua.
Come nel caso di Padova, spesso un luogo di culto è stato intitolato dalle reliquie sacre di cui era depositario. Ad esempio, molte chiese intitolate a Santa Croce, vantano il possesso di un
frammento della croce di Gesù.
Il possesso di reliquie non solo conferiva speciale protezione alle chiese proprietarie ma poteva essere un'importante risorsa economica per il clero e per le loro città
per il grande numero di pellegrini che potevano richiamare, per cui le reliquie talora erano acquistate a caro prezzo o trafugate clandestinamente, come, probabilmente,
le reliquie di San Marco da Alessandria a Venezia o le reliquie di San Nicola da Mira a Bari. Anche le supposte reliquie dei Magi, conservate a Milano, furono confiscate dal Barbarossa
e trasportate a Colonia.
Gli ordini religiosi incentivarono il culto dei loro fondatori o dei loro membri più importanti. Da qui i numerosi San Benedetto, San Francesco (d'Assisi e di Paola), San Domenico. San Pietro talora si riferisce a San Pietro da Verona, un inquisitore domenicano del XIII secolo assassinato con un colpo di scure da uno degli eretici da lui perseguitati e spesso appunto rappresentato con la scure conficcata nel capo.
Ovviamente il luogo che assume il nome di un santo è sede di particolare venerazione di quel santo che si suppone ricambi questa devozione con una particolare protezione per il luogo stesso.
Talora il desiderio di protezione soprannaturale porta a storpiare devotamente nomi precedenti che nulla avevano a che fare con un santo. Ad esempio
Canal San Bovo deve il suo nome non al guerriero San Bovo
ma al sambuco, mentre San Donaci lo deve alle canne.
San Colombano Belmonte è stato un Campo Colombano.
Sammezzano presso Reggello, che è stato Saltus Medianus viene spesso scritto come Sanmezzano (viamichelin) o San Mezzano / S. Mezzano (Repetti),
mentre San Sano nel Chianti, ora devoto a Sant'Ansano, fu probabilmente un Fundus Sentianus.
Anche da nomi effettivi di santi possono derivare santi improbabili magari con cambi di sesso.
I Santi Cosma e Damiano diventano San Cusumano (Sicilia); Sant'Anania, vescovo di Damasco, diventa Santa Rania (Calabria);
Agia Triada, cioè la Santa Trinità, diventa Santa Trada (Calabria); il Venerdì Santo, in greco Agia Paraskeyè, diventa Santa Venera.
Talvolta nella pronuncia locale il nome del santo diventa opaco, come nel caso di Santhià (Piemonte) e di Santadi (Sardegna), che valgono entrambi Sant'Agata o San Stino e Sant'Alvise (Veneto) che sono Santo Stefano e San Luigi.
Nel seguito i riferimenti alle radici indoeuropee rimandano a
Indogermanisches etymologisches Wörterbuch di J. Pokorny, citato come IEW
in cui sono disponibili molti esempi e trascrizioni fonetiche più accurate.
In alcuni casi si fa riferimento a Tower of Babel di S.L. Nikolayev citato come TOB.
I riferimenti al Greco si riferiscono esclusivamente al Greco letterario antico e rimandano al noto dizionario di L. Rocci.
I riferimenti al Latino classico rimandano al noto dizionario Georges-Calonghi.
I riferimenti al Latino dei documenti medioevali derivanti da varianti popolari del Latino letterario classico o dalla latinizzazione di termini
importati da altre lingue rimandano al Glossarium mediae et infimae latinitatis
di Charles du Fresne sieur du Cange, citato come Du Cange.
Se questo sito fosse in manutenzione, si può consultare la riproduzione anastatica dell'opera a cura dell'Università di Mannheim.
Il lessico gotico è consultato principalmente dal Gotisches Wörterbuch di Gerhard Köbler, citato come GW.
È ampiamente consultato Wiktionary.
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La seguente applicazione permette di rintracciare gli agiotoponimi italiani corrispondenti al nome di un santo o di una santa.
Le iniziali del nome vanno scritte nel campo apposito. Maiuscole o minuscole sono indifferenti.
È possibile scegliere la regione e il tipo di luogo.