AL MATERIALE:

Si è cercato di tenere il più possibile conto degli accorgimenti di Marcelin, utilizzando acido oleico ed esano di sintesi industriale; il licopodio era esente da impurità e in grana finissima, la bacinella abbastanza grande da contenere (dopo i primi fiaschi) la macchia, ma sicuramente primo elemento ad avere qualitativamente falsato le misurazioni è stato l’impiego di acqua del rubinetto bolognese: questa ha una percentuale di sali disciolti superiore alla media nazionale, in particolare Ca2+, Na+, SO42-, CO32- che possono avere influito in due modi.

In primo luogo gli ioni in prossimità della superficie e le eventuali impurità hanno sicuramente influito sulla diffusione della macchia e sul suo spessore; più generalmete possono avere contribuito alla dissoluzione di alcune molecole di acido oleico o di esano apolari.

AI 3 DATI TEORICI:

Sufficientemente precisi anche se non controllati, sono stati attinti da fonti in rete pubbliche e di autorevolezza globale, quali wikipedia, il Nist… che però non associandovi gli errori ci hanno per correttezza obbligato ad esplicitarli sovrastimati maggior era l’influenza che avevano sul risultato finale (si veda ad esempio quello sulla massa molare dell’acido oleico), senza poterli tuttavia usare nella propagazione.

ALLA STRUMENTAZIONE:

Gli strumenti di laboratorio si sono rivelati sufficientemente precisi e sensibili per le nostre esigenze, nonostante sia stato necessario andare oltre la semplice propagazione degli errori liceale dato che nessuno degli errori di sensibilità era trascurabile rispetto alla media associata: ne riparleremo fra qualche paragrafo; per quanto riguarda invece l’ultimo e più rilevante degli strumenti, gli dedichiamo il prossimo.

AL PROCEDIMENTO E AI 4 DATI SPERIMENTALI:

Delle molte esperienze effettuate è stata considerata solo quella finale col minor numero di errori sistematici associati e non una media di tutte quelle effettuate, per via dell’eterogeneità interna del grado di correttezza e non tanto del tipo dei singoli passaggi.

Gli errori sistematici compiuti nel corso di questa sono stati comunque qualitativamente molti, d’altra parte non hanno inciso in modo quantitativamente rilevante (per la prima cifra significativa) né tantomeno rilevabile: si proverà allora in questa sede ad ordinarli temporalmente e coincidentemente per importanza crescente.

Innanzitutto il riempimento della bacinella e il suo trasporto non è stato realizzato così sapientemente da evitare che l’acqua oscillando bagnasse le pareti del recipiente, per poi rifluire a licopodio già cosparso.

Lo spargimento del licopodio è stato ripetuto più volte, senza tuttavia riuscire ad evitare la formazione di qualche piccolo grumo e la presenza di aree di qualche millimetro quadro in cui era assente: a ciò contribuiva la impercettibile convezione dell’acqua nella bacinella.

Essendo sia l’esano che l’acido oleico liquidi a menisco concavo (bagnano le pareti per via della preponderanza nel liquido dell’interazione con le pareti del recipiente su quella interna) è stato più facile sottostimare leggermente la densità della soluzione finale poiché nei molteplici travasi gocce di liquido (in particolare acido oleico) sono sicuramente rimasti attaccati alle pareti del cilindro graduato.

Vengono quindi gli errori più influenti nella fase più critica: si è cercato di tenere il becco della pipetta a pelo d’acqua per evitare il più possibile di far rimbalzare o emergere sull’acqua con energia e velocità la soluzione finale con probabili frammentazioni e avvicinamenti ai bordi: ciò tra l’altro ha permesso di minimizzare (ma non di annullare del tutto) la quantità di microscopiche bollicine vaganti “semidisciolte” nell’acqua immaginabili come sfere i cui raggi fossero molecole di acido oleico coi bracci C1C9 idrofilo e C14C18 rivolti come sempre verso la superficie di contatto con l’acqua e quello idrofobo C10C13 verso il nucleo della bollicina. Come succede con le bolle d’aria o vapore, le bolle grandi verrebbero riportate rapidamente in superficie per via della densità minore dell’acqua, quelle più piccole invece verrebbero trattenute più a lungo per via dell’intensità relativa maggiore delle interazioni coll’acqua e delle correnti interne. Il quantitativo di soluzione così persa ha lievemente abbassato il valore del volume rispetto a quello stimato, alzando così ancor più lievemente il valore del risultato finale.

Il licopodio d’altro canto essendo sostanzialmente apolare (idrofobo) perturba il pelo dell’acqua, assorbendo invece la soluzione finale: ciò ha determinato sicuramente (com’è evidente dalla foto) oltre alla formazione di grumi, certo l’inglobamento da parte della macchia di grani di licopodio, ma soprattutto la non-monomolecolarità dello spessore della macchia nei pressi dei grani, sottostimando conseguentemente la superficie in modo apprezzabile nel risultato finale.

Per concludere l’area della macchia è stata oggetto di errori casuali nel momento della sua stima a partire dalla fotografia: il conteggio è stato compiuto con approssimazione visuale al quadretto, ma precedentemente, non avendo la macchia confini chiari sono stati anneriti i pixel di un certo colore bruno tipico del licopodio, senza tenere conto che quello bagnato inglobato risultava più chiaro e vicino al colore dell’acido oleico.

AI CALCOLI:

Qui si concentrano le imprecisioni alla base della non coincidenza del valore reale del numero di Avogadro con quello da noi finalmente ottenuto.

Va dapprima notato a livello di metodo come per ricavare la superficie della macchia e l’errore a lei associato si sia usata la semidispersione, così come in generale per la propagazione degli errori. Sono stati quindi trascurati alcuni accorgimenti di carattere statistico di difficile comprensione.

Così se la deviazione standard (con la relativa propagazione) ci avrebbe permesso di raggiungere risultati certamente più precisi, è anche vero che questa avrebbe dovuto venire dopo gli accorgimenti sperimentali, per non essere inapprezzabile o addirittura fuorviante; ancor più evidentemente, essa avrebbe con l’enorme mole e difficoltà di calcoli aggiunta oscurato gli obbiettivi primari di carattere divulgativo dell’esperienza di limpidezza e accessibilità ad un pubblico non specialista, già difficili da soddisfare con alcune nozioni eminentemente scientifiche introdotte già a livello liceale.

Similmente sarebbe stato per la propagazione in quadratura, una possibile via intermedia che non viene solitamente presentata nelle scuole, e che per soddisfare appieno la sua potenzialità di sintesi esigerebbe la spiegazione ad esempio del concetto di somma in quadratura.

Passiamo dunque alla pratica dell’elaborazione, dove a influire maggiormente sono state oltre alle imprecisioni nel considerare i tetraedri e i triangoli come regolari (riducendo di fatto alla distanza C-C, anche le distanze C-H, C-O e O-H), l’approssimazione della molecola di acido oleico ad un cilindro di base ellittica: a nostra discolpa va il fatto che non vi sono altri modelli di semplicità paragonabile che reggano al confronto, e che il molto spazio vuoto apparente è in effetti creato dalle distanze di legame intermolecolare (forze di Van der Waals). Più precisamente, il modello di ellisse proposto è sì arbitrario ma anch’esso più semplice possibile e, come già spiegato in loco, abbiamo opportunamente e onestamente associato un errore così alto ai semiassi da garantire l’appartenenza della misura “reale” della superficie ellittica all’intervallo proposto.

Diventa allora chiaro come i due affluenti finali all’ultima fase, cioè l’altezza sperimentale e la superficie teorica siano qualitativamente molto diversi per l’errore relativo che portano: la precisione sull’altezza (dataci proprio dal suo errore) ci ha infatti permesso le speculazioni teoriche mantenendo basso l’errore sul volume molecolare (quindi sul risultato finale). D’altra parte senza queste ultime avremmo dovuto ricorrere, come sempre si fa nelle riproduzioni di quest’esperimento in sede liceale, ad approssimazioni della molecola a sfera o poliedri regolari, quando balza già all’occhio come questa sia completamente diversa, o peggio ancora a inventare in modo parascientifico e senza spiegazioni possibili delle forme ad hoc la cui validità sarebbe casualmente affidata alla coincidenza del valore del numero di Avogadro ricavato a partire da queste con quello accettato dalla comunità scientifica.

[Per le osservazioni a risultati si rinvia alla pagina successiva della Conclusione]

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