Si qualificano come prediali i toponimi che traggono origine dal nome personale o di famiglia del proprietario di un fondo
agricolo attorno al quale in seguito si è sviluppato l'abitato.
Prediale è un aggettivo derivato dalla parola latina praedium, a sua volta derivato da praes-praedis = garante, con il
significato originario di bene di garanzia ma che nell'uso corrente significava sostanzialmente possedimento terriero.
Fundus è sinonimo di praedium.
In molti casi il nome all'origine del prediale è quello della prima persona che si è insediata in un territorio o disabitato o strappato ai precedenti abitanti con una conquista militare.
È questo il caso dell'occupazione romana della penisola a partire dal secondo secolo a.C. dopo le sconfitte subite da Etruschi, Galli e Italici
in seguito alle quali, per stabilizzare il dominio romano sull'Italia, vennero fondate colonie formate in larga parte dai veterani degli eserciti romani
che al termine della ferma erano ricompensati con l'assegnazione di un terreno nelle regioni conquistate.
Il terreno veniva denominato con un aggettivo di proprietà formato unendo al patronimico dell'assegnatario il suffisso
-anus. Si avevano quindi formazioni del tipo Praedium Arentianum, oggi Arenzano, se l'assegnatario era della gens Arentia, o Fundus Calentianus, oggi Calenzano, se della gens Calentia.
I suffissi patronimici possono essere -i o -il per cui, ad esempio, da Octavus si hanno Octavius - Octavianus -Uttano
e anche Octavilius - Octavilianus - Ottaviano.
In Latino un suffisso aggettivale di attinenza o proprietà era anche -aticus presente, ad esempio, in villaticus o silvaticus e appare come suffisso prediale sia nell'Italia
settentrionale (ad es. Aviatico, Entratico) sia, più frequentemente, nell'Italia centrale (ad es. Albinatico, Lajatico).
Nella Gallia Cisalpina questo suffisso fu spesso assorbito da un affine suffisso celtico *ako[n] latinizzato in -ācus / -īcus.
Questa ipotesi è giustificata dal fatto che il suo utilizzo nei prediali è praticamente sconosciuto nell'Italia centro-meridionale.
Si dovettero quindi avere formazioni del tipo Mariàcus da Marius, al posto di un più comune Marianus.
Nel Medioevo, in modo analogo a quello per cui silvaticus è evoluto nel francese sauvage e villaticus in village,
formazioni prediali di questo tipo nella pronuncia popolare si sono avvicinate alla forma fissata nei documenti catastali come Mairago
così come da Martinus, oltre ai più frequenti Martiniano, si ha anche Martignago.
In molti casi in Lombardia la terminazione tronca popolare -àg, sfumata in àa, nel Latino medioevale o nei volgari italiani di notai e scrivani
è stata resa come -ate. Tuttavia per uno stesso toponimo si registrano frequenti oscillazioni tra -ate e -ago.
Ad esempio, Luvinate, nella documentazione storica appare come Luinago / Loconate / Logonate, riconducibili al prediale *Luconiacum da Luconius.
Allo stesso modo l'attuale Bartesate è stata spesso registrata come Bartezzago, origine del diffuso cognome lombardo Bartezzaghi.
In Friuli il suffisso celtico -ako oltre alle terminazioni in -ago / -igo è evoluto in terminazioni del tipo Martignacco.
Le terminazioni in -icco sono di derivazione slava e spesso non riguardano prediali ma caratteristiche territoriali. Ad esempio Ialmicco da jama = fossa, grotta,
Slapovicco da slap = cascata.
In Valle d'Aosta il suffisso -acus ha prodotto esiti in -az e au[d]
dando origine a numerosi prediali suffissati in -od.
In Gallia terminazioni in -niacus si sono ridotte a -gny come in Martigny (Svizzera e Francia).
Nelle aree di popolazione celto-ligure (attuali Provenza, Liguria, Piemonte e Lombardia, Appennino tosco-emiliano) il suffisso *ask, ha spesso valenza idronimica. Ma probabilmente il suffisso -ascus è anche una evoluzione locale di -aticus o -ako, come si riscontra nelle denominazioni degli abitanti, ad esempio di Bergamo, Crema o Como, detti rispettivamente Bergamaschi, Cremaschi e Comaschi. Questo suffisso è presente in prediali come Martinasco/a. Molto spesso comunque i suffissi asco/a non hanno valore prediale, ma indicano semplicemente residenza o attinenza.
In epoca imperiale le crisi economiche portarono all'accorpamento di molti piccoli poderi, soffocati dei debiti, in grandi latifondi nelle mani dall'aristocrazia, governati dai nuclei più centrali o più sviluppati, chiamati villae o curtes. In questi nuclei si andarono concentrando i servi, i braccianti e le attività produttive necessarie all'attività del latifondo stesso . Questi assumevano denominazioni del tipo Villa Alliana da una famiglia Allia. Queste villae, in alcuni casi potevano assumere dimensioni demograficamente ed economicamente molto rilevanti tanto che nel Medioevo, in un contesto di piccoli e sparsi insediamenti rurali, il termine villa, poteva significare non solo, come nell'Italiano medioevale, villaggio ma anche, come nel Francese contemporaneo, città.
Nel Basso Impero la cattiva gestione dei latifondi, la pesante imposizione fiscale e le scorrerie di rapina e distruzione di vari invasori (Goti, Vandali, Unni)
causarono un sempre più accentuato spopolamento di città e campagne che raggiunse il suo culmine durante la Guerra Gotica
nella quale a distruzioni e saccheggi si aggiunsero carestie ed epidemie. Si stima che nel corso di questa guerra la popolazione italiana si sia ridotta da dieci a cinque milioni di abitanti.
Dopo il 568 d.C, con la facile conquista di ampie zone di un'Italia semispopolata da parte dei Longobardi, iniziò un periodo di relativa stabilità che con la
cessione ad arimanni e fare di ampie porzioni dei preesistenti latifondi
portò ad un parziale ripopolamento.
Nel corso di più di due secoli si giunse alla convivenza e progressiva fusione tra l'etnia longobarda e le etnie italiche,
forzate anche da fatto che i Longobardi, analfabeti, dovettero negli atti pubblici e privati usare il Latino e servirsi delle competenze amministrative di quadri civili e religiosi indigeni.
Con la regina Teodolinda, di origine bavara e di confessione cattolica, i Longobardi passarono dall'arianesimo al cattolicesimo e molti di loro, come il loro ultimo re Desiderio, cominciarono ad assumere nomi latini,
stimolati in questo anche dalla nomenclatura agiografica cattolica.
L'influenza politica e civile dei Longobardi continuò anche dopo la cessazione del loro dominio diretto, in quanto l'incorporazione del loro regno nel Sacro Romano Impero di Carlo Magno non implicò né pulizie etniche
né significativi afflussi di popolazioni di altre stirpi. Probabilmente la famiglia Alighieri era di origine longobarda.
L'Impero Franco-Tedesco nei primi secoli del secondo millennio fu anche un efficace protezione contro incursioni di Avari, Ungari e Arabi. Dopo l'anno 1000 ci fu in Italia un rapido progresso economico e demografico:
rifiorirono, attorno ai Vescovi-Conti le antiche città, che gradualmente svilupparono istituzioni comunali largamente indipendenti dalla struttura feudale dell'Impero e da cui si irradiò
una ricolonizzazione del contado che portò alla rinascita di preesistenti paesi o alla fondazione di nuovi. Analoga ricolonizzazione del territorio fu promossa da numerose e potenti abbazie.
Imperatori e feudatari germanici favorirono la colonizzazione o ricolonizzazione con elementi bavari o sloveni di diverse zone alpine degli attuali Trentino-Alto Adige e Friuli-Venezia Giulia.
L'origine longobarda o comunque germanica dei nuovi insediamenti può essere testimoniata dal suffisso di proprietà di derivazione germanica -engo accoppiato al nome
del primo proprietario. Questo indizio comunque non è assoluto in quanto esso fu rapidamente assunto anche dai nascenti volgari neolatini. Ad esempio il Martino di Martinengo forse fu un colono longobardo
(Martino era uno dei santi più venerati dei Longobardi) o forse, più semplicemente, un colono di una cattedrale, di un'abbazia o di un feudo.
Inoltre già nelle regioni anticamente popolate da Liguri era presente un suffisso toponomastico latinizzato in -incus ed evoluto in -engo.
Ad esempio, Gossolengo e Ticengo sono prediali di origine longobarda, ma tra i vari Marengo, uno ha probabilmente etimo ligure.
Dopo tre secoli di crescita la popolazione dell'Italia, come quella di tutta l'Europa, fu decimata dalla peste nera a partire dal 1346. Nei secoli successivi la popolazione, caratterizzata da un'economia quasi esclusivamente agricola e non turbata da sommovimenti demografici, ricrebbe sensibilmente, pur continuando ad essere periodicamente falcidiata da epidemie come quella di manzoniana memoria del 1630, raggiungendo un sostanziale equilibrio. Furono numerosi i nuovi insediamenti prediali, questa volta caratterizzati dall'uso ormai diffuso dei cognomi di famiglia spesso derivanti dal luogo di origine o da mestieri ereditari per cui in varie situazioni, in mancanza di specifica documentazione, risulta difficile congetturarne l'origine. Ad esempio, il toponimo Ferrero puņ essere una officina di fabbro o il podere della famiglia Ferrero il cui capostipite fu un fabbro. Il toponimo Carbonara puņ riferirsi ad un luogo di produzione di carbone o alla sede della famiglia Carbonara proveniente da uno di questi luoghi. Analogamente Forni puņ denotare un luogo con fornaci o la sede della famiglia Forni.
La seguente applicazione permette di rintracciare i toponimi italiani di derivazione prediale date le loro iniziali.
Le iniziali, una o più lettere, vanno scritte nel campo apposito. Maiuscole o minuscole sono indifferenti.
È possibile scegliere la regione e il tipo di luogo.