(a cura di R. Bigoni)
I vocabolari italiani spiegano il significato delle parole usate dagli scrittori italiani ritenuti autorevoli ma ignorano i toponimi cioè i nomi propri geografici. Informazioni sui luoghi designati da questi nomi vanno cercate nelle enciclopedie, le quali riportano notizie di tipo storico e geopolitico su quelli ritenuti più importanti ma anche per questi raramente notizie sull'origine del loro nome e sul significato di questo nome.
La toponomastica storica cerca, nei limiti del possibile, di spiegare l'origine dei toponimi,
cioè la loro etimologia, sulla base di informazioni linguistiche, storiche e sociali desumibili dalla documentazione reperibile.
Questa documentazione, in molti casi è corrotta, ambigua, carente o del tutto inesistente, per cui la ricostruzione del
significato primo di un nome è spesso largamente congetturale e soggetta, non solo a livello popolare, a
paraetimologie dovute ad una più o meno precisa assonanza con nomi di uso più comune e di significato più comprensibile.
Tuttavia, tentando di evitare le paraetimologie più ingenue, per esempio scegliendo nei casi ambigui, la lectio difficilior
una congettura, probabilmente sbagliata, può risultare utile per successivi affinamenti della ricerca.
Per ricerche sulle etimologie delle parole italiane può essere utile l'applicazione Radici.
I toponimi si possono suddividere in due categorie fondamentali:
nomi delle emergenze fisiche (rilievi e corsi d'acqua) e ambientali (vegetazione e fauna) del luogo cui si riferiscono; in particolare:
Nomi derivanti dagli aspetti demografici, economici e socio-culturali dei gruppi umani che li hanno colonizzati in epoca preistorica o storica. Questi nomi si possono a loro volta suddividere in due gruppi:
I nomi della prima categoria sono spesso i più antichi e la loro origine va, in molti casi, ricercata in una delle ipotetiche lingue delle ultime fasi del Paleolitico Superiore.
Gli etnonimi e con essi i coronimi risalgono in maggior parte al Neolitico o alle Età dei metalli epoche nelle quali i gruppi umani si erano più o meno permanentemente sedentarizzati e gerarchicamente strutturati in sacerdoti, guerrieri e popolo e quindi avevano acquistato una coesione che forniva un'identità collettiva riconosciuta al loro interno e dai gruppi esterni. Assunsero quindi una denominazione collettiva in cui risconoscersi al loro interno, dai linguisti dette endonimi o ricevettero denominazione dai popoli confinanti, dai linguisti dette esonimi. Un caso tipo fu quello degli Etruschi il cui nome collettivo nella loro lingua era Rasenna / Rasna ma che venivano detti Tusci / Etrusci dai vicini Umbri, nome che probabilmente significava confinanti e Tyrsenoi / Tyrrenoi dai Greci. Ma la stessa sorte ebbero i Greci, che erano Graeci per i Romani, ma Ellenes a casa loro.
Spesso un endonimo nella lingua del gruppo all'origine significava semplicemente il popolo o i liberi. Ad esempio l'endonimo Deutschen trae la sua origine dalla base indoeuropea *teuta che significa popolo che si ritrova anche negli esonimi Teutones o Tedeschi mentre l'esonimo Germani è di probabile origine celtica. Si può rintracciare in un etnonimo il nome di un animale o di una pianta totemica. Ad esempio il nome Irpini probabilmente deriva da hirpus che nella lingua sannita era il lupo.
I poleotoponimi in molti casi derivano da rilevanti caratteristiche geografiche del territorio del sito o ad esso circostanti (monti, colli, valli, fiumi, paludi...).
Si classificano questi toponimi come geotoponimi.
In altri casi l'origine del nome è dovuta alla presenza umana e alle sue caratteristiche culturali, sociali ed economiche.
Tra questi nomi si possono individuare i seguenti gruppi:
I poleotoponimi sono di solito più recenti rispetto alle altre tipologie elencate e in Italia derivano in maggior parte dal Latino, la lingua che la dominazione romana, protrattasi dal secondo secolo a.C al quinto secolo d.C, impose, insieme alla sua organizzazione politica e culturale, non solo alla penisola italiana, ma anche alla attuale Francia e alla penisola iberica. Il nome latino, per gli insediamenti più antichi, può derivare a sua volta dall'adattamento alla fonetica e all'alfabeto latini di nomi precedenti liguri, etruschi, venetici, umbro-sabini, greci o celtici. Ma dopo la caduta dell'Impero Romano di Occidente l'Italia fu sede di caotici spostamenti di popolazioni germaniche e arabe e di reazioni bizantine che ne ridisegnarono la demografia, lasciando tracce durature nella lingua e nella toponomastica.
In particolare i prediali risalgono spesso alla centuriazione romana in seguito alla quale i poderi assegnati ai coloni, spesso veterani delle legioni, venivano individuati con il gentilizio dell'assegnatario.
Altri nomi testimoniano l'insediamento di conquistatori successivi alla caduta dell'Impero Romano; esempi: Godega, Monghidoro, Soave, Fara, Gaggio, Racal.
Ovviamente gli agiotoponimi sono successivi all'editto di Tessalonica (380 d.C) che imponeva l'adozione della religione cristiana ai sudditi dell'Impero Romano, ma la loro diffusione aumentò con l'espansione di insediamenti longobardi e soprattutto durante il grande sviluppo economico e demografico successivo all'anno 1000. In quel periodo le abbazie benedettine possedevano enormi latifondi e concedevano contratti agricoli vantaggiosi alle famiglie che li bonificassero e li rimettessero a coltura.
Nei toponimi sono frequenti fenomeni di:
La popolazione dell'Europa in epoca paleolitica.
Probabilmente le prime colonizzazioni dell'Europa occidentale sufficientemente numerose per lasciare una loro traccia nella toponomastica successiva cominciarono dopo il termine dell'ultima glaciazione (circa 11000 a.C), che segna la fine del Pleistocene e l'inizio dell'Olocene, durante la quale le precedenti popolazioni paleolitiche del periodo epigravettiano si dovevano essere talmente ridotte da lasciare praticamente campo aperto all'arrivo di nuovi abitanti per diffusione da regioni in espansione demografica ed essere lentamente assorbite dai nuovi arrivati.
Si possono ipotizzare due direttrici di afflusso di cacciatori-raccoglitori nel continente che si stava riscaldando:
Secondo il linguista T. Vennemann la lingua degli immigrati settentrionali era l'ipotetico Vasconico da cui deriverebbe il Basco odierno. Questa teoria si basa, ad esempio, sulla diffusione di idronimi con radice *ib (Basco ibai = fiume; ibar = valle) che probabilmente è all'origine dei nomi dell'Ebro in Catalogna, dell'Ibar in Serbia, dell'Evros in Bulgaria, è stata contestata da altri linguisti. Tuttavia alcune corrispondenze tra radici basche, aquitane, sarde ed etrusche potrebbero avvalorarla ed estenderne la portata.
L'afflusso dal Mediterraneo, probabilmente successivo al precedente, può trovare riscontro nel mito dei Pelasgi ai quali gli antichi Greci attribuivano la prima colonizzazione dell'Ellade e dell'Italia. Ad essi, secondo Dionigi di Alicarnasso sarebbe dovuta la fondazione di Spina e la popolazione dell'Etruria. La lingua di queste popolazioni ha lasciato tracce evidenti nel Greco classico e nella toponomastica mediterranea e viene ipotizzata come substrato mediterraneo affiorante in molte lingue meglio note dell'antichità.
Alcuni studiosi come M. Pallottino e J.Hubschmid hanno ipotizzato una sovrapposizione o una fusione di vari strati delle due correnti migratorie nel Mediterraneo centrale (Sardegna, costa tirrenica, Provenza, Catalogna) di cui gli Etruschi e i Sardi rappresentano in Italia una permanenza in epoca storica. Il linguista M. Pittau studioso di Sardo e di Etrusco, ha rilevato significative corrispondenze tra le due lingue. Potrebbe essere un'ingenua paretimologia, ma i nomi Tyrsenoi / Tyrrenoi possono accostarsi ai vocaboli greci tyrsis / tyrris con lo stesso significato del latino turris cioè torre (L. Rocci), e la regione più ricca di torri era senza dubbio la Sardegna.
A queste due immigrazioni sono riconducibili in molti casi oronimi, idronimi, fitonimi, zoonimi.
L'espansione indoeuropea.
Nei millenni successivi (5000-1000 a.C.), la rivoluzione neolitica sviluppatasi nella cosiddetta mezzaluna fertile portò ad una espansione demografica in alcune zone del Medio Oriente, le cui popolazioni, in ondate successive, cominciarono ad espandersi nelle regioni circostanti, verso l'Anatolia e l'Europa Occidentale e verso la Persia e l'India, diffondendo in queste regioni le loro lingue oggi classificate come indoeuropee.
L'Europa fu la meta di varie fasi di espansione succedutesi nell'Età del Rame e nell'Età del Bronzo (5000-1000 a.C.), al termine della quali essa era occupata in modo abbastanza stabile da popolazioni che potremo definire protoceltiche, come i Volci nell'Europa continentale, gli Iberi nella penisola iberica, i Liguri nella Francia meridionale e nell'Italia settentrionale, gli Euganei ad est dei Liguri. Popolazioni forse affini ai Liguri furono i Sicani e gli Elimi in Sicilia.
Nello stesso periodo, dalla sponda balcanica del canale d'Otranto, si insediarono nell'Italia centrale e meridionale gli Opici e gli Enotri che, forse, sono nomi greci diversi per le stesse popolazioni.
Si può congetturare che i nomi attribuiti in epoca storica a Volci, Liguri ed Euganei condividano la stessa etimologia e appartengano a ondate migratorie contigue.
Volci. Radice IE *uel = spingere, comprimere (IEW 1138).
Latino vulgus = popolo.
Antico Alto Tedesco folc = massa di uomini, popolo; Tedesco Volk = popolo.
Volcae: nome latino di varie popolazioni affini ai Celti stanziate in tutta Europa dal Danubio alla penisola iberica, probabilmente riconducibili alle prime espansioni preistoriche indoeuropee nel continente (Cultura dei Tumuli, Cultura dei Campi di urne) che potrebbero essere definite protoceltiche.
I popoli di stirpe germanica e successivamente quelli di stirpe slava dell'Europa centro-orientale estesero il loro nome a tutti i Celti e in generale a tutti gli stranieri, compresi i Romani o i parlanti lingue neolatine.
Dalla base protogermanica walhaz / *walhiskaz derivano i nomi del Galles (Welsh), della Vallonia, della Valacchia e anche il nome dell'Italia per Slavi e Magiari (Polacco Włochy, Ungherese Olasz).
Liguri. Λίγυες (Ligyes) era il nome con cui i Greci di Marsiglia si riferivano agli indigeni del retroterra, forse con il significato di urlanti
(λιγύς = stridulo, sonoro) o per la loro lingua e quindi barbari o per i gridi di battaglia.
Il nome greco è forse una paretimologia di un nome affine a quello dei Volci.
Dai romani furono detti Ligures, dal Greco con rotacismo.
I Romani estesero il nome oltre che agli indigeni dell'attuale Liguria, a quelli del Piemonte, della Lombardia meridionale (Pavia) e dell'Appennino Tosco-Emiliano e riconoscevano come Liguri anche gli Euganei.
In epoca storica i Liguri appaiono profondamente influenzati nella lingua e nei costumi dai popoli celtici successivamente sopravvenuti confinanti o mescolati ad essi.
I Liguri, come pure gli Euganei, erano frammentati in numerose tribù che occupavano piccoli territori e non avevano una consapevolezza etnica unitaria.
I Liguri in Italia si suddividevano in vari etnie tra le quali ricordiamo:
Euganei. Latino Euganei: popolazioni dai Romani riconosciute affini ai Liguri insediatesi attorno al 1500 a. C. nel nord-est italiano.
Gli scrittori romani classificavano come Euganei diverse popolazioni confinate in enclaves montane delle valli alpine degli attuali territori di Bergamo, Brescia e Trento.
Il nome, come quello dei Liguri, è probabilmente riconducibile a quello dei Volci.
Tra le principali etnie ricordiamo:
Nell'Età del Ferro (circa 1000 a.C.) si irradiarono in Italia, provenendo da est, popolazioni tecnologicamente, economicamente e socialmente più evolute e più dinamiche che occuparono gran parte delle zone più fertili della penisola, costringendo Liguri, Euganei e Sicani a ritirarsi in territori impervi o sovrapponendosi e fondendosi con essi tanto che in molti casi, probabilmente per qualche affinità linguistica, risulta difficile distinguere le radici liguri o euganee da quelle celtiche. I nomi di queste etnie rimasero comunque connessi ai territori e ai centri abitati più importanti dando origine a numerosi coronimi e poleonimi attuali. L'unica resistenza significativa fu quella degli Etruschi che recedettero da precedenti insediamenti nella pianura padana, sulle propaggini delle Alpi e in Campania, ma mantennero saldamente occupata l'Etruria, cioè l'attuale Toscana, che ad essi deve il suo nome, probabilmente per la capacità di impadronirsi delle nuove tecniche metallurgiche e nautiche e lo sviluppo della loro economia con rapporti commerciali con il Mediterraneo occidentale e con la Grecia.
Le nuove stirpi indoeuropee appartenevano a quattro gruppi principali: Venetici, Italici, Iapigi e Celti.
L'espansione nella penisola del Venetici probabilmente precedette quella degli altri tre gruppi e oltre all'insediamento nell'attuale Veneto, ebbe propaggini fino al Lazio e alla Sicilia. La lingua latina in epoca storica infatti per certi aspetti risulta più arcaica rispetto a quelle delle popolazioni italiche confinanti e più affine al Venetico, per cui alcuni studiosi riconoscono come diramazioni del Venetico le lingue latino-falische cioè il Latino, il Falisco e il Siculo.
I Venetici costrinsero gli Euganei ad arroccarsi in alcune vallate alpine e gli Etruschi ad arretrare da Adria; i Latini si imposero agli Etruschi alle foci del Tevere; i Siculi occuparono la Sicilia orientale, costringendo i Sicani nella parte occidentale.
Italici e Iapigi (Iapyges / Iapydes per i Greci, Apuli per i Latini) sono probabilmente arrivati nella penisola italiana provenendo dalla costa orientale dell'Adriatico con punti di approdo sulle coste
delle Marche e dell'Abruzzo i primi e sulle coste della Puglia i secondi, in quanto gli insediamenti venetici dell'Italia nord-orientale non furono turbati
da queste ondate migratorie. Erano molto probabilmente popoli di stirpi affini come si può evincere dal fatto che i primi colonizzatori greci, sbarcando in Puglia
e in Calabria attorno al VII secolo a. C., talora li assimilavano indicandoli tutti con il nome di Ausones e denominando Ausonia tutta la penisola.
Per i Greci gli Ausoni erano il popolo aborigeno dell'Italia.
La comune origine illirica di Iapigi e Ausoni può essere linguisticamente supportata dalla probabile derivazione dei loro nomi
dalla radice idronimica indoeuropea *ab / *ap / *aps / *au / *aus = acqua, fonte, ruscello, fiume (IEW 1 e 51-52) presente nei nomi dei fiumi delle
regioni da esse colonizzate (Apsa, Osento, Ofanto,..).
Successivamente la denominazione Ausoni o, con rotacismo, Aurunci fu ristretta alle popolazioni dell'attuale provincia di Caserta mentre, con il nome latino di
Osci si denominavano le popolazioni dell'Appennino meridionale solo più tardi chiamate Itali. I discendenti degli immigrati sulla costa marchigiana furono
chiamati Umbri.
Gli Iapigi in epoca storica risultavano divisi in tre etnie principali:
Gli Osci, in epoca storica, cioè nei secoli della conquista della penisola da parte dei Romani, risultavano divisi in numerose etnie:
Anche gli Umbri in epoca storica risultano divisi in numerose etnie:
Greci e Fenici.
Dall'ottavo secolo a.C. cominciarono ad insediarsi sulle coste dell'Italia Meridionale e della Sicilia colonie delle città greche, costituite da porti e empori commerciali. Queste colonie spesso avevano popolazione mista con quella degli indigeni, ma in esse la supremazia economica e culturale era greca per cui i Greci, pur non avendo un grande impatto demografico, condizionarono moltissimo la lingua e la toponomastica. Pur conservando rapporti culturali con le città da cui erano emanate, erano largamente indipendenti. Alcune di esse, come, ad esempio, Siracusa assursero anche al livello di potenza regionale. L'area investita da questa colonizzazione fu detta in seguito Magna Grecia.
Nello stesso periodo la Sicilia occidentale e la Sardegna furono sede di insediamenti fenici a supporto dell'espansione economica e militare di Cartagine. Le colonie cartaginesi, diversamente da quelle greche, erano fondamentalmente avamposti commerciali e militari, strettamente dipendenti dalla madrepatria. Tuttavia, data la superiorità militare e culturale dei Fenici rispetto a quella degli indigeni, anche questa colonizzazione ha lasciato tracce importanti nella toponomastica delle zone occupate. È, ad esempio, di origine fenicia il nome di Palermo (Fenicio panhorm = grande rupe con probabile riferimento al Monte Pellegrino).
Celti.
Attorno al quarto secolo a.C. dai passi alpini occidentali scesero nella pianura padana numerose etnie celtiche che con vere e proprie operazioni di conquista militare
basate sul predominio della loro cavalleria e dei loro carriaggi si insediarono in larga parte del Piemonte, della Lombardia, dell'Emilia, della Romagna e della parte più settentrionale delle Marche,
costringendo Liguri, Reti, Etruschi e Umbri a sottostare al loro dominio e ad amalgamarsi o ad arretrare in zone più montagnose. Ad esempio città etrusche come
Mantova e Felsina passarono sotto la loro dominazione.
I Celti, chiamati Galli dai Romani, in una loro scorreria militare nel 387 a.C. occuparono anche Roma.
Un altra popolazione celtica, i Carni, proveniendo da est si insediò sui monti del Friuli. Ma evidentemente i Venetici erano ormai tanto saldamente insediati da resistere alla pressione
celtica da Occidente e da Nord.
Le principali etnie celtiche nell'Italia settentrionale:
Germani.
A partire circa dal 200 a.C. tutta la penisola cadde sotto il controllo di Roma che impose la sua lingua e le sue leggi, e già nel primo secolo d.C. le lingue locali, almeno nella documentazione scritta, furono sostituite dal Latino. Tuttavia queste lingue, anche se sparite dall'uso, lasciarono ampie tracce nella toponomastica e condizionarono come substrato la lingua parlata dalle popolazioni italiane dando origine alla formazione ed evoluzione dei dialetti locali.
Ma già a partire dalla dinastia Giulio-Claudia le legioni romane, impegnate a conservare ed espandere il grande impero che si estendeva dalle coste del Mediterraneo all'Europa occidentale, avevano cominciato prima a combattere ma poi anche ad allearsi con popoli dei bacini renano e danubiano e anche ad arruolarne direttamente i guerrieri nei propri quadri. Il nome comune con cui i Romani identificavano molte di queste stirpi di lingua indoeuropea fu quello di Germani i cui costumi vennero descritti da Tacito alla fine del primo secolo d.C.
Nel quinto secolo d.C. Odoacre pur formalmente inquadrato nei ranghi dell'esercito imperiale, dominò l'Italia come re di un esercito ormai tutto germanico, composto principalmente da Eruli ponendo fine all'Impero Romano di Occidente. Per cacciarlo, l'imperatore di Costantinopoli Zenone, spinse contro di lui l'esercito dell'ostrogoto Teodorico un altro capo germanico educato a Bisanzio e formalmente federato all'impero, il quale nel 493 sconfisse Odoacre solo per sostituirsi a lui come re dell'Italia. Con Teodorico diventava definitivo l'insediamento in Italia di gruppi cospicui di Germani ai quali era attribuito il possesso di un terzo delle terre dei precedenti proprietari.
Negli anni successivi alla morte di Teodorico, il regno dei suoi successori fu violentemente combattuto dall'imperatore di Bisanzio Giustiniano che scatenò la lunga e rovinosa guerra greco-gotica (535-553), che, vinta dai Bizantini, fu caratterizzata da stragi, carestie e pestilenze che decimarono la popolazione dell'Italia. Alcuni storici stimano che la popolazione italiana sia calata da circa dieci milioni a meno di cinque.
L'Italia praticamente disabitata e indifesa fu una facile preda per i Longobardi che, muovendo dalla Pannonia (attuale Ungheria) in cui si erano precedentemente insediati, nel 568, guidati dal loro re Alboino conquistarono il Friuli e successivamente gran parte della penisola organizzandosi in ducati largamente autonomi, pur riconoscendo un re eletto di volta in volta dai duchi come capo di operazioni militari contro nemici esterni. Sotto un precario dominio bizantino rimasero solo la Sicilia, una striscia di territorio da Roma a Ravenna e brandelli di Puglia e Calabria. Va osservato comunque che, come molti altri eserciti germanici che tentavano la conquista di province dell'Impero Romano, l'esercito longobardo non era etnicamente omogeneo: esso comprendeva oltre alla maggioranza di di fare longobarde, numerosi gruppi di guerrieri provenienti da altre stirpi: Goti, Bavari, Svevi, Sarmati, Bulgari, Gepidi, Sassoni, i cui nomi talora si sono sedimentati in toponimi duraturi come Soave, Godega e Baver, Monghidoro, Bolgheri, Sarmede, Sarmato.
Il regno longobardo durò fino al 774, anno in cui il re longobardo Desiderio fu sconfitto dai Franchi di Carlo Magno, che inglobò il regno longobardo nel suo impero. Il ducato meridionale di Benevento fu tollerato dai Franchi e dal Papato finché nel 1053 fu conquistato dai Normanni di Roberto il Guiscardo.
Gli effetti del dominio longobardo in Italia durarono molto più a lungo del loro regno perché le classi dirigenti costituite dalla nobiltà maggiore e minore e dal complesso degli
uomini liberi detti arimanni non furono sostituite dai Franchi.
Non ci fu pulizia etnica anche perché i Longobardi, inizialmente come gli Ostrogoti rigidamente separati dalla popolazione latina a causa della loro adesione
all'arianesimo, per ordine della regina Teodolinda si erano convertiti al Cattolicesimo.
Avevano quindi riconosciuto l'autorià religiosa del Papato, favorito la fondazione di monasteri come quello di San Colombano a Bobbio
e avevano iniziato ad assumere incarichi ecclesiastici diventando monaci,
abati e vescovi, anche perché frequentemente cariche civili e religiose erano confusamente accavallate.
Carlo Magno, che era cattolico e si atteggiava a protettore del Papato, si dichiarò Re dei Longobardi lasciando a nobili e liberi tutte le loro prerogative.
Gli uomini liberi di discendenza longobarda continuarono per secoli a dichiarare questa loro origine e a stipulare contratti, matrimoni e testamenti secondo le loro norme giuridiche tradizionali
codificate nell'Editto di Rotari, ma gradatamente già prima della sconfitta del loro regno, nobili e arimanni, dai loro precedenti insediamenti rurali,
avevano cominciato ad affluire nei centri urbani di saldo diritto latino e a fondersi con la sopravvivente aristocrazia latina, adottandone la lingua e costumi, costretti anche dal loro analfabetismo.
Alcuni di essi, come l'ultimo re Daufer, cominciarono ad adottare, accanto al loro nome germanico, un nome latino (Desiderius).
L'esempio più significativo di adozione della cultura latina e greca da parte dei Longobardi è quello di Winfrid,
monaco a Montecassino con il nome di Paolo Diacono, autore della Historia_Langobardorum, opera fondamentale
per la conoscenza della stirpe longobarda, altrimenti scarsamente documentata. Ma Paolo fu autore anche di un riassunto del De Verborum Significatione
di Sesto Pompeo Festo. L'opera di Festo ci è giunta in frammenti,
mentre l'epitome di Paolo è integralmente conservata
e costituisce ancor oggi una fonte preziosa sull'etimologia di molte parole latine. Paolo è inoltre l'autore dell'Inno a San Giovanni.
Le sillabe iniziali dei versi della prima strofa di questo inno furono assunte da Guido d'Arezzo come nomi delle note musicali.
L'opera di Paolo fu continuata da Erchemperto, un altro dotto monaco longobardo.
I Longobardi e i loro discendenti costituirono per quasi sette secoli l'aristocrazia militare, civile e religiosa della penisola
tanto che a lungo nel Medio Evo gli Italiani erano detti in toto Lombardi e l'Italia dagli altri popoli era detta Lombardia, nome rimasto oggi a una sua regione (ma Reggio Emilia
fino all'annessione al Regno d'Italia era detta Reggio di Lombardia). Ancora nei primi secoli del Sacro Romano Impero conti, vescovi, abati, consoli e podestà hanno nomi longobardi.
Ad esempio, nell'anno 968, in una disputa tra l'imperatore bizantino Niceforo Foca e il vescovo di Cremona Liutprando ambasciatore di Ottone I a Bisanzio, l'imperatore, per denigrare l'autorità del vescovo,
gli rinfacciava "Vos non Romani, sed Langobardi estis.".
Tuttavia sia il Latino delle classi dominanti sia i nascenti dialetti locali si arricchirono di parole di origine longobarda. Anche la toponomastica testimonia la profondità della penetrazione longobarda documentando la
fondazione di nuovi centri abitati o la ridenominazione di centri più antichi da essi ripopolati.
Arabi e Normanni.
A partire dall'anno 827 iniziò la conquista araba della Sicilia ancora sotto il dominio degli imperatori bizantini. Gli Arabi in Sicilia si organizzarono presto in emirato praticamente indipendente e influenzarono profondamente la demografia, l'economia e la cultura dell'isola. Favorirono infatti l'afflusso di popolazioni berbere dall'Africa occidentale, riorganizzarono agricoltura e commerci molto decaduti sotto l'opprimente fisco bizantino incoraggiando la conversione della popolazione all'Islam. Molta parte della popolazione adottò la lingua araba e molte parole arabe sono sopravvissute nei dialetti locali e nella toponomastica.
A partire dall'anno 1000 cominciarono ad operare nell'Italia meridionale gruppi di mercenari provenienti dal Ducato di Normandia. Questo ducato era stato conquistato verso il 900 da invasori Vichinghi che però nel corso di un secolo si erano convertiti al Cattolicesimo, avevano assunto lingua e costumi francesi e dichiarati vassalli dei re franchi. Questi mercenari avevano combattuto ora al soldo di Bisanzio ora al soldo dei sopravviventi ducati longobardi meridionali ottenendo investiture dall'una e dall'altra parte a anche dal Papato. Dopo alterne vicende il potere sulle signorie e sulle truppe normanne fu assunto da Roberto d'Altavilla detto il Guiscardo che strappò a Bizantini e Longobardi il dominio su tutta l'Italia meridionale.
Roberto e il fratello Ruggero, assoldati da principi mussulmani della Sicilia in lotta tra di loro per il predominio sull'isola, nel 1064 incominciarono la conquista della Sicilia completandola nel 1091, cacciandone definitivamente principi ed eserciti arabi e fondando un regno, formalmente vassallo del Papato che, tra alterne vicende, durò fino all'unificazione piemontese dell'Italia. I Normanni, per scoraggiare eventuali tentativi di riconquista da parte degli imperatori di Bisanzio, favorirono una decisa latinizzazione dell'Italia meridionale sostituendo clero e monaci di lingua greca e culto ortodosso con clero e monaci di osservanza cattolico romana e incoraggiando anche immigrazioni dal Piemonte. In alcune zone siciliane sopravvivono parlate diverse da quelle delle zone confinanti e classificate come dialetti Gallo-Italici.
Tuttavia il prestigio della cultura islamica rimase così forte che ancora duecento anni dopo la riconquista cristiana dell'isola, l'ultimo erede della dinastia degli Altavilla, l'imperatore Federico II che si proclamava anche re di Sicilia, parlava, tra le altre lingue, anche l'Arabo, ebbe alla sua corte letterati e scienziati arabi, utilizzò stilemi arabi nelle architetture e mantenne fedeli guarnigioni di soldati mussulmani, tanto che i suoi detrattori insinuarono una sua segreta adesione all'Islam.
La valli alpine orientali.
Per completare il quadro storico e linguistico della popolazione della penisola italiana a sud delle Alpi vanno ricordate le penetrazioni di coloni di stirpe germanica e slava nelle valli alpine precedentemente occupate dai Reti latinizzati durante l'impero romano. Soprattutto a partire dall'anno 1000 i grandi feudatari bavaresi e austriaci, i vescovi-conti di Bressanone, Trento, Aquileia, Gorizia e gli abati di investitura germanica incoraggiarono con privilegi vari la migrazione in queste valli scarsamente abitate di coloni dai feudi settentrionali contigui per sfruttarne le risorse agricole, forestali, pastorali e minerarie. Le popolazioni neolatine (Ladini nel loro linguaggio, Welschen per i germanici) mantennero la preponderanza in valli isolate. Nelle valli dell'Adige e anche sull'altopiano di Asiago e nel Bellunese la popolazione parlava dialetti di derivazione bavarese. Nell'altopiano di Asiago queste popolazioni dai confinanti furono dette Cimbri. Nelle valli orientali del Tagliamento e dell'Isonzo la popolazione parlava dialetti di derivazione slovena. Dialetti germanici e sloveni hanno influito profondamente sulla toponomastica di quelle valli.
Mentre le popolazioni più meridionali del Vicentino e del Bellunese, entrate presto a far parte della Repubblica di Venezia, pur mantenendo i loro dialetti non maturarono un'identità nazionale e assunsero l'Italiano come lingua ufficiale, quelle più settentrionali, appartenenti all'Impero Asburgico, si riconobbero come tedesche o slave. Al termine della prima guerra mondiale, con la dissoluzione dell'Impero Austriaco, queste regioni furono incorporate nel Regno d'Italia ma mantennero e mantengono ancor oggi l'uso del Tedesco e dello Sloveno, lingue riconosciute e protette dalla Repubblica Italiana.
La valli piemontesi e valdostane.
Fenomeni analoghi a quelli descritti per le valli delle Alpi Orientali, si verificarono anche nelle valli delle Alpi Occidentali che nel Medio Evo erano state incorporate nei domini dei Savoia. In queste valli il substrato linguistico gallo-latino si evolse profondamente influenzato dalle parlate a Occidente dell'arco alpino e i dialetti ancora parlati sono classificati come occitani e provenzali. Un caso particolare è quello dei Walser montanari parlanti un dialetto germanico insediatisi nel Medio Evo in alcune valli come quella del Lys.
Tuttavia la precoce inclusione di queste valli nei domini savoiardi non ha mai implicato rivendicazioni nazionalistiche. In Val d'Aosta è protetto l'uso del Francese (che fino al 1700 è stata la lingua ufficiale dei domini sabaudi), ma ormai la lingua ufficiale è pressoché ovunque è l'Italiano.
Immigrazioni balcaniche
Dopo la conquista turca di Bisanzio (1453) e la successiva occupazione turca di gran parte della penisola balcanica, il Regno delle Due Sicilie incoraggiò l'esodo nell'italia meridionale di gruppi di profughi albanesi e slavi, concedendo assegnazioni di terre e sgravi fiscali soprattutto in zone precedentemente incolte e scarsamente popolate. Questi stanziamenti furono particolarmente numerosi in Calabria, probabilmente favoriti dalla sopravvivenza di tradizioni monastiche e liturgiche di tradizione greco-bizantina.
Queste comunità sono comunque rimaste per secoli sostanzialmente isolate l'una dall'altra e dal territorio di provenienza; hanno mantenuto nell'uso familiare e locale le varianti dialettali parlate dai progenitori che si sono però andate estinguendo nel corso del XX secolo a causa della maggiore scolarizzarione, della diffusione della televisione e dell'emigrazione delle generazioni più giovani al Nord o fuori dall'Italia. Queste isole linguistiche risultano oggi sostanzialmente assimilate al contesto italiano.
Nelle sezioni seguenti i riferimenti alle radici indoeuropee rimandano a
Indogermanisches etymologisches Wörterbuch di J. Pokorny, citato come IEW
in cui sono disponibili molti esempi e trascrizioni fonetiche più accurate. In rete è anche disponibile una riproduzione anastatica di quest'opera:
A-E,
G-N,
O-U.
In alcuni casi si fa riferimento a Tower of Babel di S.L. Nikolayev citato come TOB.
I riferimenti al Latino dei documenti medioevali derivanti da varianti popolari del Latino letterario classico o dalla latinizzazione di termini
importati da altre lingue rimandano al Glossarium mediae et infimae latinitatis
di Charles du Fresne sieur du Cange, citato come Du Cange o semplicemente DC.
Se questo sito fosse in manutenzione, si può consultare la riproduzione anastatica dell'opera a cura dell'Università di Mannheim.
Idronimi
In linea di massima i nomi dei corsi e dei bacini d'acqua italiani, più o meno notevoli (fiumi, torrenti, ruscelli, sorgenti, mari, laghi o paludi), derivano da radici
il cui significato principale è semplicemente il nome comune acqua o acqua corrente assunto a nome proprio per il semplice fatto che per le popolazioni rivierasche l'entità designata
era l'acqua per antonomasia.
Le dimensioni dell'entità possono non essere importanti nella specificazione del nome.
Ad esempio nel germanico Tedesco moderno see è sia lago che mare; meer è mare ma nel germanico Olandese è lago;
nel neolatino Italiano rio è ruscello ma nel neolatino Spagnolo è fiume.
Il nome di un fiume o di un lago può coincidere con il nome della valle in cui giace e viceversa. Il nome valle è spesso sinonimo di fiume.
Negli idronimi come negli oronimi sono frequenti le diplologie, cioè i nomi formati dall'unione di due termini aventi etimologicamente lo stesso significato.
Quando il senso della componente più antica non è più compreso dai parlanti, essa viene normalmente accompagnata da una componente di
significato più immediato. Caso tipico è Flumendosa in cui il termine latino flumen si accoppia alla componente osa di etimo
prelatino di significato analogo, dicendo praticamente fiume fiume.
Oronimi
Normalmente i nomi dei monti sono costituiti da una coppia di termini di cui il primo specifica che si tratta di una altura e il secondo rappresenta l'identificatore specifico dell'entità
geografica individuata. Ad esempio Monte Bianco, Monte Rosa, Monte Vulture.
Molto spesso questa coppia è una diplologia, cioè le etimologie di entrambi i termini sono riconducibili allo stesso significato di altura.
Un caso tipico è il nome siciliano tradizionale dell'Etna, cioè Mongibello che è formato da due elementi: mon derivato dalla base latina mont
di significato immediatamente comprensibile ai parlanti, e dalla base araba gebel che pure significa monte ma il cui senso non è più compreso
dai parlanti e che viene interpretato come nome proprio dell'altura. Quando poi si perde la capacità di percepire le due componenti, può capitare di
avere esiti come Monte Mongibello.
Spesso inoltre il secondo termine, di senso non più compreso, con paraetimologia spontanea viene ricondotto ad una voce più più comprensibile, talora con storpiamento più o meno forzato. È il caso, ad esempio del Monte Rosa che non è rosa per niente. Il termine rosa è riconducibile alla voce reusa riscontrata nell'antico dialetto Walser, che significa ghiacciaio. Anche i numerosi Monte Cavallo non hanno niente a che fare con i cavalli. Probabilmente kaba è un termine prelatino da apparentare al latino caput = capo, testa che, come questo, può significare anche altura. Un discorso analogo vale per i numerosi Monte Capra.
I casi più curiosi di paraetimologie sono forse quelli del monte Croce Rossa in comune di Usseglio (Piemonte) e Gioco del Pallone in comune di Esanatoglia (Marche). In Croce Rossa i due termini, derivanti dalla radici *krok che significa dirupo e *reus che significa cima ma ormai priva di significato per i parlanti, sono stati resi comprensibili assimilandoli a due di significato immediato. Anche in Gioco del Pallone gioco deriva dal latino iugum = giogo e pallone è un adattamento di pala che in molti oronimi vale dirupo.
Può essere interessante osservare come in diversi casi le radici e talora anche le stesse denominazioni dei monti siano coincidenti con quelle riferite al prognatismo umano o animale. È il caso, ad esempio dello stesso termine monte che non a caso assomiglia al termine mento. In effetti monte deriva dalla parola latina mons-montis e mento dalla parola latina mentum. Entrambi i termini, come i verbi minor, emineo, immineo, promineo = sporgo, mi innalzo sono riconducibili alla radice indoeuropea *men / *mnti = prominenza (IEW 726). La fecondità di questa radice si sviluppa in due direzioni. All'emergenza del mento o del muso animale si collega la bocca (Mund in Tedesco, mouth in Inglese) e di mangiare (Latino mando, manduco). All'esibizione del muso e quindi dei denti si collega l'idea di minacciare (in Latino minor vale mi innalzo ma anche minaccio) e dalla minaccia segue la costrizione: minare = spingere con violenza. Nel Latino medioevale menare si addolcisce e vale condurre, guidare (Du Cange).
Situazioni analoghe si osservano per i seguenti termini:
Un'altra frequente diplologia, frequente soprattutto nei geotoponimi, emerge nei nomi del tipo Bel Monte, Monte Bello, Mombello, Bel Colle, Bel Poggio, Bella Costa nei quali l'aggettivo bello
può aver senso per una lottizzazione turistica moderna ma appare strano nel linguaggio dei primi abitanti di quegli insediamenti, interessati allo sfruttamento agricolo o pastorale
e probabilmente poco sensibili agli aspetti paesaggistici. Anche nel caso di una eccezionale produttività del luogo probabilmente avrebbero scelto aggettivi di significato più diretto
come buono, ferace, ricco, grasso. Ma Monte Buono è rarissimo. E visto che c'è anche qualche caso di Pietra Buona e che pietra e ferace
appare un accostamento ossimorico, viene da congetturare che buono stia per bello etimologicamente affine e che bello sia a sua volta sinonimo di altura, monte
riconducibile alla radice indoeuropea *bhel / *bhle = crescere, aumentare (IEW 120-122), riscontrabile nella base celtica bal = cima e nel
Latino medioevale ballea = monte (Du Cange).
Anche i numerosi Monteleone sono troppi per essere dovuti a supposti Leone originari signori del luogo, cosa che richiederebbe una frequenza impensabile del nome
Leone tra gli antenati degli Italiani. Può darsi che qualcuno si sia effettivamente chiamato Leone; può anche darsi che un leone apparisse nello stemma nobiliare di qualche signore;
può ancora darsi che leone sia una italianizzazione del termine germanico lehen = feudo. Ma probabilmente leone è da derivare dalla radice indoeuropea
*leu = pietra (IEW 683) e Monteleone è un'altra delle numerose diplologie che si riscontrano negli oronimi.
Fitotoponimi
I fitotoponimi, dal Greco phytòn = pianta, albero, vegetale topos = luogo e ònoma = nome sono i toponimi derivanti
da nomi di piante e nella toponomastica italiana sono spesso formati dall'unione del nome di una pianta e da un suffisso, spesso ma non esclusivamente -eto, -eta, -ina, -aia
indicante un insieme. Nelle valli occitane il suffisso corrispondente è -ey.
I nomi delle piante a loro volta derivano spesso da radici di substrati prelatini balcanici o mediterranei espanse da suffissi vari e successivamente latinizzate
ma sono frequenti anche voci di diretta derivazione celtica, germanica o araba.
Coronimi
I coronimi designano territori di solito comprendenti molti toponimi che spesso sono qualificati dal coronimo stesso. Per Esempio Reggio nell'Emilia e Reggio di Calabria.
L'origine del coronimo può essere un etnonimo, come nel caso di Lombardia o, come nel caso di Brianza risalire a caratteristiche geografiche del territorio, o
ancora, come nel caso di Emilia all'organizzazione politica ed economica del territorio.
Ovviamente i coronimi più importanti sono i nomi dei continenti, i nomi degli stati e delle regioni amministrative in cui sono suddivisi. Ma hanno importanza storica o culturale i nomi di territori più o meno vasti e spesso non perfettamente delimitati di ambito sovraregionale, come Sannio o subregionale, come Romagna.
Per un italiano il coronimo più importante è sicuramente il nome della propria patria. Sull'origine del nome Italia sono stare formulate molte congetture, alle quali ne aggiungiamo un'altra fondata sull'ipotesi che il nome di Itali, come quello di Lucani e di Enotri, sia un esonimo di origine greca arcaica che significa sostanzialmente indigeni.
Colonizzazione e urbanizzazione.
I toponimi che si riferiscono alla colonizzazione agricola e pastorale del territorio e all'insediamento in esso di gruppi umani si sono fissati in fasi di espansione demografica, possibili in epoche e luoghi di sufficientemente lunga e stabile sistemazione politica ed economica. Questi toponimi si possono suddividere nelle seguenti gruppi.
Ultima revisione: Settembre 2022.